mercoledì 15 aprile 2009

Gli agonizzanti

Voi li vedete, ogni giorno.
Sono i vostri amici, i vostri famigliari, i vostri conoscenti, gli sconosciuti che urtate sull'autobus, che incrociate per la strada senza badarvi.
Voi vedete i loro sguardi, ora assorti, ora dispersi, ora languenti, ora frementi.
Ma non sapete cosa si agita oltre quegli sguardi. Voi non sapete cosa celano. Voi non sapete.
Essi sono coloro i quali hanno avuto in sorte
di patire la fine della vita nel prosieguo dell'esistenza.
Essi hanno conosciuto il dolore della morte, ma sono condannati a sopravvivere.
Essi attendono ed agonizzano. Essi sono gli agonizzanti.
Essi sopportano il peso della coscienza dell'assenza di un senso,
poiché ciò che per loro costituiva motivo di tirare avanti è andato irrimediabilmente perduto.
Voi non sapete riconoscerli perché voi siete i fortunati:
grande è la sciagura per chi possiede il triste dono della percezione degli abissi ineffabili.
Voi siete ciechi e vorrebbero esserlo anche loro.
Ma essi sono gli eletti, eletti da nessuno, e nessun premio li attende per il loro dolore.
Essi sanno soffrire ed è una capacità della quale farebbero volentieri a meno.
Essi sono vittime, ma hanno in spregio il vittimismo.
Non si gloriano della loro sventurata profondità.
Essi tacciono e fingono per non costringervi a condividere ben misero tesoro.
Essi si immolano loro malgrado.
Dunque non compatiteli, giacché la vostra pietà li mortificherebbe come nient'altro
e qualificherebbe voi come vili e stolti.
Non prodigatevi a confortarli con le sciocche formule
"la vita continua" od "il tempo guarisce ogni cosa" alle quali voi semplici vi sforzate di credere: essi discernono nitidamente gli inganni della retorica e la vanità delle consolazioni.
Essi sanno fin troppo bene che la vita finisce anche prima della morte
e che il tempo è un farmaco inefficace, impotente.
Essi sanno che non c'è sollievo.
Rispettateli: questo è sufficiente.
Rispettate quelli che hanno inseguito la felicità, assaporandola talvolta,
ma hanno subito l'indicibile sofferenza del fallimento
e della piena comprensione della sua atrocità.
Tenetevi stretta la vostra superficialità, siatene gelosi.
Siate gelosi delle vostre illusioni di poveri di spirito.
Essi scambierebbero in un attimo la loro sensibilità con la vostra.
Essi in un istante rinuncerebbero alla loro anima ricettiva,
giacché ciò che essa avverte è un tormento insostenibile
di cui neppure potreste sospettare l'inanità.
Essi sentono che in quella che per voi è brezza spirano le lame di un uragano.
Essi sentono, odono, vedono, gustano, odorano,
saggiano ciò che voi neanche riuscireste a pensare.
I vostri sentimenti sono fiacchi, i loro poderosi.
Non v'è alcuna voluttà o compiacenza nella loro malinconica consapevolezza:
essi detestano la loro facoltà, mai voluta e mai cercata, invano evitata.
Ma non possono farci niente, niente.
L'unica cosa che resta loro è portare la muta testimonianza delle proprie piaghe.
Le loro parole sanguinanti suonerebbero per voi come note di melodramma.
Essi scontano una colpa mai commessa.
Essi sono condannati a vivere.
Voi vivete: essi sono gli agonizzanti. Amateli, se sapete farlo.

(dalla rete)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Se questo è il vangelo di chi soffre, sò per certo che non è il mio.
Nel mio c'è anche la Speranza.

Se per rispettare chi crede in questo, è inutile ogni parola, allora io ho sbagliato tutto.